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Nell'età adulta ritroviamo soprattutto i danni meniscali e quelli degenerativi cartilaginei dovuti all'età , che rappresentano le fasi iniziali dell'artrosi del ginocchio. Soprattutto in tale epoca è quanto mai importante, per il programma chirurgico, la valutazione clinica che consentirà di distinguere le lesioni meniscali sintomatiche, che danno luogo a disturbi meccanici che richiedono un trattamento chirurgico artroscopico, da quelle in cui l'artroscopia non è in grado d'indurre vantaggi.
Per tali condizioni il programma chirurgico deve essere personalizzato, con trattamenti chirurgici protesici, o conservativi non protesici, in artroscopia o con tecnica tradizionale. Fra questi ultimi meritano una particolare menzione le osteotomie della tibia e del femore, che sono indicate nei soggetti più giovani, di età < 60-65 anni, in cui la correzione della deformità articolare (il raddrizzamento degli arti) serve a riequilibrare i carichi che vanno a gravare sul ginocchio ed a rallentare, pertanto, la progressione della malattia artrosica.
Osteotomie
Protesi: primo impianto
Allorché l'artrosi è più evoluta, ricorriamo alla chirurgia protesica, di primo impianto o di revisione, nei casi d'insuccesso, che sarà anch'essa personalizzata, in rapporto all'età ed alla gravità della deformità .
In tale ambito, si utilizzeranno protesi parziali, mono-compartimentali, femoro-rotulee o totali, con conservazione o sostituzione del legamento crociato posteriore (LCP), con minor o maggior vincolo, con o senza libertà rotatoria, con protesizzazione o semplice regolarizzazione della rotula, sulla base delle caratteristiche della deformità articolare.
Protesi: revisioni
La protesizzazione del ginocchio è ai nostri giorni una procedura affidabile, con risultati favorevoli nel tempo ed una percentuale di successi maggiore del 90%. Vanno comunque segnalati anche dei fallimenti, per complicanze o residua sintomatologia dolorosa, da cui, peraltro, non sono esenti anche gli interventi non protesici.
La protesi che dura tutta la vita non esiste, anche se possiamo prevedere una sua sopravvivenza al di là dei 15-20 anni di funzione.
Tale considerazione, anche in rapporto al prolungamento della vita media degli italiani, suggerisce un trattamento personalizzato che sarà deciso anche in funzione delle diverse esigenze dei singoli pazienti.